martedì 20 giugno 2017

I nuovi assetti societari della Mens Sana. Tentativo di bignamino

Entro la fine della settimana, tra giovedì e venerdì, è atteso che venga messo nero su bianco il passaggio delle quote che farà entrare la Mens Sana in una nuova era, la terza o quarta dalla rinascita, stavolta, auspicabilmente stabile: dalla Polisportiva alla sezione autonoma, dall'Associazione al Consorzio, fino ora al modello misto con un nuovo socio di maggioranza relativa (e alla pari), la famiglia Macchi.

Partendo come era comprensibile dalla punta dell'iceberg, anche se sotto maturava ben altro, la storia dei recenti movimenti societari della Mens Sana fin qui è stata scritta dal fondo, dalla parte inizialmente visibile: la ricerca e poi il raggiungimento dello sponsor, come se i complessi lavori in corso fossero "solo" quello. Adesso che il panorama è abbastanza completo, tra le informazioni già emerse dai media e quelle non ancora uscite, è possibile delineare un quadro d'insieme rimettendo le cose in un certo ordine.

A creare maggiore spazio di manovra sarà la cessione da parte di Danilo Bono di una parte consistente delle sue quote: ha il 18%, scenderà al 2%: salirà il suo ruolo all'interno del Consorzio, dove entrerà nel cda (e a quanto pare non sarà l'unico, è in arrivo un nome noto). Il suo 16%, per cui gli altri soci Polisportiva a Associazione hanno da tempo fatto sapere di non voler esercitare il diritto di opzione, sommato al 52% del Consorzio genera un totale di 68% da cui riparte il conteggio. Il Consorzio se lo dividerà alla pari, perché così è stabilito nei patti parasociali, quindi per ora 34% ciascuno, con la Siena Sport Network, il nuovo socio.

La Siena Sport Network è per il 60% della Mafi, holding della famiglia Macchi, per il 30% di Pietro Mele, che è il loro fiduciario con cui hanno lavorato insieme anche all'estero e che si è già fatto portatore degli interessi della famiglia Macchi nella vicenda Robur, e per il restante 10% di Francesco Bertoletti. Navigato uomo di fiducia della famiglia, manager di professione con residenza in Svizzera e adesso domicilio a Siena per seguire a tempo pieno la Mens Sana, della MSB 1871 Bertoletti sarà amministratore delegato plenipotenziario: il vero uomo operativo della società dunque, più del futuro presidente, che sarà espresso dal Consorzio.

Indicato per il ruolo formalmente già più di un mese fa dal Consorzio al cda della MSB 1871, per cominciare i passaggi di consegne, Bertoletti sarà dunque uno dei tre consiglieri espressi dalla Siena Sport Network nel nuovo cda della MSB 1871, che nel giro di qualche tempo diventerà a sette membri, non più a nove: un altro lo esprimerà l'Associazione e altri tre ne esprimerà il Consorzio, prevedibilmente tutti esponenti di aziende consorziate (pressoché certo Marco Turillazzi), ed è possibile che i nomi si sappiano già in settimana se il più corteggiato dei candidati scioglierà le riserve (sanando più o meno contestualmente la stortura per cui in Camera di Commercio i soci del Consorzio non risultano essere in 19, quali sono, ma ancora i due "fondatori": Cagnazzo e Franceschini).

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Il nuovo cda così composto rispecchierebbe una nuova divisione sociale con Consorzio e Siena Sport Network al 34%, Associazione al 20%, Polisportiva al 10% e Danilo Bono al 2%. Ma è nell'aria nei prossimi mesi, prima del ripianamento, l'uscita di scena adombrata dalla Polisportiva (nonostante vecchie delibere di Giunta), che porterebbe dunque i due soci di maggioranza a salire al 39%. Ma anche l'Associazione nel frattempo sarà chiamata a fare valutazioni importanti, perché se restasse al 20% fino all'approvazione del bilancio 2016/17 sarebbe tenuta in sede di ripianamento a mettere sul piatto altri 30mila euro circa, che sono un bel po' vista la natura stessa dell'Associazione.

Già perché da 50, poi 100-120, poi 130, in un'escalation di costi rispetto alle ipotesi iniziali che ha esposto chi si occupa dei conti al prevedibile disappunto (eufemismo) di nuovi e vecchi soci, la perdita al 30 giugno potrebbe essere attorno ai 150mila euro, ben più che dimezzata dall'intervento dei nuovi entrati già sull'esercizio che si sta chiudendo, altrimenti sarebbe stata ancor più ampia, anche quest'anno. E c'è la rateizzazione dell'Iva che ci si porta dietro dall'esercizio precedente.

Ma per il ripianamento, oltre all'Associazione, naturalmente sacrifici dovranno farne - tra i 50 e i 60mila euro ciascuno - di nuovo anche il Consorzio, che viene già da una stagione oltre i 410mila euro spesi (ne aveva programmati 350mila), e la Sport Siena Network, che appena entrata si troverà subito a spendere: sommata a una quota di ingresso più o meno analoga, eccola la spesa dei nuovi soci per prendersi la maggioranza relativa (in condivisione) della Mens Sana.

Il Consorzio invece, che aveva rilevato di fatto a titolo gratuito la maggioranza dall'Associazione, la sua moneta di ingresso l'aveva già pagata coi circa 110mila euro di ripianamento del bilancio 2015/16. Per dire che soldi, per entrare nel capitale della Mens Sana, li hanno messi o stanno mettendo praticamente tutti. E li continueranno a mettere: quasi un quarto del budget della prossima stagione, almeno 300mila euro, li metterà il Consorzio, e circa 250mila faranno capo alla Siena Sport Network.

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Dunque, per rimettere ordine, partita per cercare uno sponsor, la Mens Sana ha finito per fare un'operazione di una certa complessità su tre livelli di cui lo sponsor è quello più esterno. Primo livello: ha trovato un socio di maggioranza relativa (alla pari col Consorzio secondo i patti parasociali intercorsi). Come spiegato due mesi fa, nell'ambito dell'accordo la società di intermediazione Mediabridge, legata alla famiglia Macchi, garantisce introiti da sponsorizzazioni per almeno 250mila euro all'anno per due anni solari (più opzione) fino al febbraio/marzo 2019 (secondo livello). Sulle maglie compariranno i marchi reperiti da Mediabridge, come è Soundreef, società detenuta da due fondi di investimento, legata alla famiglia Macchi (terzo livello).

Sia in Mediabridge e Soundreef, secondo le poche informazioni reperibili sul web (non tutte divertenti), lavora Filippo Macchi, appassionato frequentatore del PalaEstra già dalla scorsa stagione e rappresentante della famiglia che seguirà le cose da più vicino, figlio di Massimo Macchi, top manager con una storia personale che va da Procter&Gamble ad American Express fino a una carriera da protagonista nel mondo del lusso, dal Gruppo Bulgari a Gucci-Boucheron, da Ferré a Mosaicon fino a Graziella Group, anche se è a titolo personale (e non delle aziende per cui lavora)che adesso Macchi si interessa allo sport senese. Inizialmente al calcio, e non è un mistero. Poi è arrivato il basket a corteggiarlo: dopo che i primi contatti erano maturati altrove, si è trovat una sponda senese in Pietro Mele, che della famiglia è il referente in città, testa di ponte attraverso la propria partecipazione del vero interesse dei Macchi, la Robur.

Lo stesso Pietro Mele che, al di là della pubblica presenza nella serata costitutiva del Garden, in una ricostruzione poco apprezzata ai tempi ma sempre confermata da fonti dirette, è all'origine dell'idea di Trust/Associazione, inizialmente pensata per la Robur e poi sviluppata pragmaticamente nel progetto che ha portato alla salvezza della Mens Sana. E a un anno dalle elezioni comunali ha senso registrare anche una benedizione politica diciamo bipartisan, se non a 360 gradi almeno a 180: nelle interviste è stato sottolineato che l'amministrazione in carica che non ha ancora ricevuto i nuovi soci che volevano illustrare le loro idee per lo sport senese. Idee che nelle dichiarazioni tutelano - è stato chiarito, ma a chiunque conosca la città era evidente che altrimenti sarebbe un suicidio imprenditoriale - le diverse identità di Mens Sana e Robur.

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Che agli occhi di questi investitori il basket viene in subordine rispetto al calcio è stato detto con chiarezza anche fin troppo cruda in verità, forse eccessiva (perché?): cosa significa all'atto pratico lo diranno i fatti. Di fatto l'intervento è arrivato nel momento in cui per la terza volta in tre anni la Mens Sana era alle porte del fallimento, l'ipotesi di saltare era seria, dopo che il Consorzio era già uscito stremato dal ripianamento sostenuto dagli sforzi di pochi: i nuovi soci con fin troppo zelo (anche qui: perché?) non vogliono saperne di essere visti come i salvatori della patria, ma è oggettivo che l'alternativa era chiudere.

All'occhio dell'uomo della strada viene naturale pensare che le due realtà sportive di punta della città (ma una città con numeri piccoli) difficilmente possano essere il fine, bensì più facilmente un mezzo per fare business diversamente. Farsi delle domande ha senso, forse è anche doveroso come cittadini. Ma da tifosi, alle giuste condizioni, se fosse così sarebbe quasi tranquillizzante, riguardo alla statura di chi viene a investire: non sarebbe normale il contrario, che un imprenditore venisse a buttare soldi per il gusto di farlo. Di certo non sarebbe, appunto, imprenditoriale. E quindi forse anche meno affidabile sulla possibilità che ci siano i presupposti per un rapporto duraturo.

Che la lunga gestazione possa portare, come sembra, già nei prossimi giorni alla formalizzazione del nuovo assetto diventa orma una necessità. Perché è una necessità che ci sia il via libera a tutti gli effetti all'operatività, per ora relativa, sulla nuova stagione, di Marruganti e Bertoletti per i diversi ruoli che ricoprono. Cementando il rapporto con Giulio Griccioli e ripartendo tutti carichi come è nell'interesse di tutti. E soprattutto cominciando a lavorare per sciogliere il primo e più laborioso dei nodi, quello dei rapporti con la Polisportiva su temi vitali come l'impianto, le giovanili e gli spazi pubblicitari, temi che hanno conseguenze economiche e anche tecniche sul lavoro sulla prima squadra. E' il momento.



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