martedì 19 luglio 2016

A difesa della propria storia (adesso i fatti)

L'idea della Procura Federale di revocare gli scudetti della Mens Sana, la conferma delle voci già emerse a gennaio, non è nel comunicato ufficiale con cui la Federazione annuncia il deferimento di una serie di ex dirigenti mensanini, tra cui Ferdinando Minucci, anticipata quasi un mese fa da un annunciato "intendimento di deferimento".

E' negli spifferi di palazzo, è nelle pieghe delle carte, è nell'articolo contestato all'unico deferito che non è stato un dirigente mensanino, ma il curatore fallimentare della Mens Sana Basket. Vista l'aria che tirava, ci si aspettava di arrivare fin qui, e dopo l'estate cominceranno le udienze. Senza entrare nelle valutazioni politiche che spettano a chi considera la valenza politica di questi sviluppi, una parte della questione oggi è come Siena intende affrontare questo passaggio.

Si è parlato sin da gennaio del mostro giuridico di una situazione in cui c'è un'accusa che chiede la revoca degli scudetti e una difesa che non c'è, perché la vecchia Mens Sana non esiste più, per poter portare argomentazioni per discolparsi o anche solo per mitigare quello che sarebbe il massimo della pena. Ora emerge che un titolare alla difesa della Mens Sana c'è, ed è il curatore fallimentare, Marco Lombardi, il cui mandato dettato dalla legge è di perseguire gli interessi della società di cui è legale rappresentante (come nell'occasione della vendita all'asta dei trofei).

Il fatto che ci sia un responsabile, non solleva altri attori dall'onere per il ruolo che rivestono di sollecitare/sostenere/rafforzare chi ha la titolarità alla difesa. Tenendo viva e chiara la responsabilità che c'è a difendere la storia di un popolo altrimenti non rappresentata. E poi magari anche dotandolo dei legali migliori per portare avanti la difesa. Poi forse si stabilirà che ci sono delle colpe che vanno punite, ma lo si stabilisca in un dibattimento in cui possano dire la loro sia l'accusa che la difesa: se l'ordinamento lo prevede ci sarà un motivo. Partendo anche dal non lasciare solo all'accusa la scena mediatica: muoversi coi fatti è un'altra cosa, ma anche l'immagine ha il suo peso.

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Se n'era già parlato e c'erano già state le prime reazioni. La prima responsabilità nel darsi da fare per la difesa di una storia è di chi di quel popolo è rappresentante. Le istituzioni e in particolare del Comune. Al di là dei facili luoghi comuni e dell'allergia diffusa alla presenza della politica nelle questioni di Mens Sana, è doveroso aspettarsi dagli amministratori di farsi carico a difesa della cittadinanza che sono chiamati a rappresentare, di una ricchezza e uno degli elementi aggreganti da decenni più forte della cittadinanza che sono chiamati a rappresentare. Luogo comune per luogo comune, è uno di quegli scenari in cui rappresentanti istituzionali si incatenano davanti alla sede di un'ente finché non vengono ascoltati.

E' una battaglia che si combatte di fronte all'opinione pubblica, e se un problema è sollevato da un soggetto istituzionale è chiaro che ha un peso diverso. E' una battaglia che si combatte nelle riservate conversazioni ai più alti livelli a cui soggetti istituzionali o politici hanno titolarità ad accedere, rispetto ai privati cittadini. C'è la storia di un popolo da difendere. Sottrarsene sarebbe inescusabile. Non è quello che si è dichiarato di voler fare sei mesi fa, quando il sindaco Bruno Valentini parlò del proposito di provare a insediarsi nel dibattimento in virtù del ruolo istituzionale del Comune, mettendo in pista avvocati locali che si sono detti disponibili (ma serve qualcuno che si occupa di giustizia sportiva). Bene, adesso ci siamo.

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Un altro soggetto a cui non può essere non riconosciuto un ruolo è la Polisportiva. C'entra poco o nulla il fatto che rispetto a gennaio, quando si cominciò a parlarne, la casa madre non è più proprietaria (ma comunque socia) della società che offre oggi una nuova casa alla passione della gente di Mens Sana. La Polisportiva era azionista di maggioranza della vecchia società ora dichiarata fallita. La Polisportiva è la casa madre del basket della Mens Sana.

Da qualche tempo oltrettutto la casa madre ha di nuovo un codice di affiliazione federale (quello della Mens Sana Basketball Academy con cui gestire le giovanili) che la rende un soggetto riconosciuto dalla Fip, a differenza del Comune e di altri soggetti, per quanto esterno alla questione in sé. Come sulla politica non valgono le pregiudiziali dei luoghi comuni, con la casa madre non valgono le obiezioni sulle difficoltà di rapporti degli ultimi tempi. Partecipare alla difesa della propria storia è un obbligo morale della Polisportiva.

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E poi c'è la gente di Mens Sana in quanto tale. I tifosi che avevano già paventato l'idea di una class action contro le istituzioni sportive per aver pagato per assistere a uno spettacolo in cui i controlli non hanno funzionato. E i tifosi organizzati. Il Comitato La Mens Sana è una Fede, nato proprio come presidio per quel periodo tremendo, anche se da un po' di tempo non se ne ha notizia, ma a cui va riconosciuto un ruolo fondamentale nel riacquisto di quei trofei che rappresentano la materialità dei titoli in discussione oggi.

Anche dell'Associazione Io Tifo Mens Sana, perché un gruppo di 500 tifosi che si chiama così, per quanto unitosi attorno a uno scopo evidentemente diverso, non può non porsi il problema. Poi, una volta posto il problema e aperto il dibattito, può anche decidere che quei titoli non li sente suoi, che sia qualcosa di cui vergognarsi (ci sono tante sensibilità diverse relative a quel periodo), e che dunque non è una questione che la riguarda. Ma se invece giunge alla conclusione che quegli anni sono un patrimonio della gente di Mens Sana, è un soggetto titolato a muoversi: di fronte all'opinione pubblica e con tutte le iniziative che ritenesse utili allo scopo.

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Fare la mossa, per far vedere agli altri di aver fatto qualcosa e poi lasciar perdere subito, è anche peggio. Perché è una battaglia di porte chiuse da provare a far aprire, in cui martellare invece di arrendersi al primo no. Insistere finché c'è una partita da giocare. Oppure potrà capitare di sentir dire, come è capitato in passato, che invece di pensare al passato c'è da rimboccarsi le maniche per affrontare le difficoltà del presente, e che visti i problemi di oggi è più sensato convogliare le energie altrove.

Marruganti e Griccioli che devono fare la squadra; il Consorzio che deve fare le nomine; chi di dovere che deve trovare gli sponsor: il lavoro di nessuno di quelli che adesso devono fare qualcosa di buono per la Mens Sana c'entra qualcosa con la difesa dei titoli. Quindi no, pensare alle difficoltà del presente, e risolverle, viaggia su un binario completamente differente. E poi c'è la difesa della propria storia.

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