lunedì 19 gennaio 2015

Sette partite in 23 giorni

Visto il precedente post fluviale, lascio un attimo da parte ulteriori chiacchiere e/o analisi (non esageriamo: tentativi di analisi) sui massimi sistemi e su come stanno andando le cose, per riallacciare un po' i fili con il contesto. Che vuol dire prima di tutto le prossime settimane: 7 partite in 23 giorni. E' un bene o un male? Non si sa, ma offre la possibilità di farci un ragionamento.

Solo per completezza riassumo sui motivi di queste tre settimane a ritmi da Eurolega (tiriamocela un po') da sabato scorso fino all'8 febbraio: alle normali quattro partite del weekend (nell'ordine Empoli, Torino, Monsummano, Varese) si è aggiunto il programmato turno infrasettimanale di questo giovedì (Mortara) e poi il doppio turno (andata-ritorno) di quarti di Coppa Italia con Cento, il 29 gennaio e il 4 febbraio.

Non entro nel merito - magari ne riparleremo in progress - su come si affronterà il raddoppiato impegno con rotazioni fin qui ristrette ma che forse (con la crescita di Ondo Mengue e Paci) stanno diventando a otto giocatori veri. Ma la grande chiacchiera da bar è: meglio o peggio giocare più spesso in un periodo del genere in cui va tutto (molto) al contrario? Meglio lavorarci su in palestra o non appesantirsi in tentativi di scissioni atomiche per arrivare in partita con la testa più sgombra? Naturalmente non esiste LA risposta. Neanche in chi è più vicino alla squadra e ne conosce meglio lo "stato mentale".

Mi viene comunque da pensare che in anni in cui abbiamo avuto modo di vedere un certo tipo di basket, i giocatori di alto livello hanno sempre detto di preferire il doppio impegno settimanale alle settimane intere di allenamento. E questa Mens Sana è a suo modo composta di quelli che per la categoria sono ugualmente giocatori di alto livello.

Non dico che gli allenamenti siano inutili e nemmeno che non ci siano cose su cui lavorare in palestra, è evidente il contrario, ma semplicemente - invece di rimuginare su cosa non va - tornare in campo più spesso dà stimoli maggiori e diversi ai giocatori, il cui momento mentale ("ci tengono anche troppo", "devono affrontare un livello di pressione nuovo") credo sia tra le spiegazioni di questo periodo.

A corollario, a livello puramente teorico è possibile (infermeria permettendo) che si riesca a concentrare maggiormente la qualità degli allenamenti altrimenti diluita su tutta la settimana. E, a fronte di una non coincidenza tra quanto di buono fatto vedere in palestra durante la settimana e quello che si riesce a trasportare in partita, cambiare la routine potrebbe aiutare a trasferire finalmente in gara stabilmente quanto di buono pare(va) già consolidato in allenamento. Psicologia da due soldi, magari. Auspici, sicuramente.

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